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Esserci... o capire perchè esserci... (on line)

Non so quanto tempo ha richiesto di maturazione questo post. Diversi anni per come lo posso ricordare.
Ho iniziato la mia prima attività su internet nel 2000. Ma da vero “attivista della rete” ricordo la data del 25 aprile 2001, per tante motivi e situazioni un giorno davvero importante.
Ho vissuto con tantissima gioia e soddisfazione l’epoca dei siti e dei blog: la mia attività di scrittore è nata come appendice di quella, poi camminando per la sua strada in maniera autonoma.
Ho partecipato all’epoca dei social e anche adesso ci sono dentro ma in maniera davvero marginale.
Credo di aver sperimentato in questi anni dove altri nemmeno si sognerebbero. Ad esempio su Facebook sono arrivato tre volte a 5000 amici. Il secondo stesso in cui “raggiungevo quel traguardo” sbattevo tutti fuori e ricominciavo. Voglio vedere chi di voi ha il coraggio di farlo.
Ora ho una pagina pubblica e un account che è chiuso come un club privè.
Su Twitter seguo la regola di “non seguire tutti per essere seguito”… perchè l’algoritmo ti risponde la metà di follower di quelli che segui (…più segui più ti propone agli altri…). Non è quindi una cosa reale, ma solo compensazione statistica, per cui seguo solo chi davvero mi interessa (meno di 30 contatti) e so che chi segue me (circa 600) lo ha scelto per davvero.
Su Instagram ci sono stato un anno in pubblico ed ora è il mio social network più personale e riservato.
Su Linkedin… bello ricevere le pubblicità eh? Ma almeno lì puoi essere “contatto” anche di chi sta sulle scatole… perchè non c’è - per grazia degli sviluppatori - la parola “amico”.
Youtube non l’ho mai capito e ormai ci rinuncio: spacchetto un cellulare e ho 300.000 visualizzazioni, realizzo un video elaborato di promozione e non arrivo a 300. Vedo ragazzi che parlano seduti sul water raggiungere più like del Papa. Boh.
Ah. Odio Whatsapp in tutte le sue forme. Amo Telegram nell’unica forma che ha.
Signal: non ho certo voglia di dare i miei dati anche agli Israeliani.
Su tutto questo, poco a poco, mi sto togliendo comunque. So che è un ossimoro dirlo mentre si sta postando, ma tant’è.
E non è per i risultati. E non è per le critiche: praticamente nulle perchè vivo in una bolla di amici ed evito interventi a gamba tesa, come facevo una volta.
Sento il bisogno di andar via… proprio per i complimenti.
…Che belle le tue parole.
…Che gioia trasmetti di vivere il Vangelo…
…Che grandi cose che fai.
E io a dirmi che “lo faccio per il Vangelo…” “Per il Signore, perchè questa è evangelizzazione 2.0, 3.0, 4.0”
Tutte storie. Sono solo incenso acceso al mio ego: io ho i follower, io ho i seguaci.
Non Gesù Cristo. E’ il male principale della Chiesa di oggi. Personalista all’ennesima potenza.
Si apre un’opera, si organizza un’iniziativa, si decide un convegno: non la si dedica più a Cristo o ad un Santo. Ma al Papa vivente (e non è ovviamente colpa sua).
Le generazioni cristiane precedenti storcerebbero il naso. Perchè noi non lo facciamo?
Ecco una regola che avevo imparato da un saggio salesiano: “se fai una foto, una sola cosa non si dovrà vedere una volta stampata… la tua persona. Fotografa i gruppi, i ragazzi, l’ambiente, il clima di gioia… Se tutto si riduce a cornice con te al centro… va bene, ma non dire che lo stai facendo per la Chiesa. E’ la celebrazione di te stesso.”
Ho riguardato le foto dei miei anni da vice-parroco: sono molto felice di non essere in quasi nessuna di quei miei scatti: grazie don Gianni.
Qui non critico e non insegno nulla a nessuno. Sto dicendo queste cose a me stesso.
E a chi ogni tanto mi chiede: ma perchè su Internet non fai di più?
Ecco perchè… dopo vent’anni devo ammetterlo: per provare a salvarmi l’anima.
Ah. Buona Epifania, Befana, quel che volete.