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Grimaldi. Migranti. Settembre. 2020.

Dalla piazza della parrocchia di Grimaldi a corso Montecarlo, la via che collega Ventimiglia alla Francia passando la frontiera nazionale superiore, ci sono 750 metri. Li conosco bene perchè durante i mesi del lockdown percorrevo quella via alcune volte al giorno con la scusa di un cagnolino che aveva bisogno della sua passeggiata, per me invero comoda e autorizzata evasione dalle mura di casa. Domenica scorsa alle 7,30 del mattino ho percorso questa volta in macchina lo stesso tratto di strada per raggiungere la città: in quei pochi metri ho incontrato, nei soli venti secondi necessari per entrare con l’automobile nel corso principale, 26 ragazzi extracomunitari che salivano a piccoli gruppi verso la frazione con destinazione la vicina Mentone tentando l’ormai famoso «passo della morte». 26 giovani che avranno avuto da 14 ai 30 anni, per quel poco che ho potuto scorgere. Ritornando a casa ne ho visti altri dieci che salivano: un parrocchiano mi ha confermato che nel poco tempo della mia assenza il flusso di passaggi non si è mai fermato. Poco più sotto quell’incrocio è stato collocato dalle Ong un punto di ristoro dove viene offerta ai migranti dell’acqua e qualche provvista per chi di loro tenta di documentare alla frontiera il proprio diritto di passaggio o viene rimandato indietro dalla gendarmeria francese non essendoci riuscito. In frazione è difficile avvicinare questi ragazzi: si sentono troppo vicini al confine e passano veloci pensando di poter essere denunciati o fermati. Solo la fontana sulla piazza li incoraggia ad una breve sosta per lavarsi e rinfrescarsi prima di immergersi nei boschi. Nei giorni scorsi alcuni di loro hanno forzato la porta di una casa che credevano disabitata e sono poi stati sorpresi nel letto a dormire dai proprietari rientrati: i giovanotti erano mortificati; si sono rifugiati per fuggire alla notte e alle zanzare. Non è stata fatta alcuna denuncia ma la sorpresa poco gradita e la difficoltà di comunicazione hanno lasciato una sensazione di poca tranquillità negli abitanti. E’ uno degli effetti della chiusura del campo Roja ad inizio agosto a Ventimiglia: il pericolo delle infezioni da coronavirus ha ottenuto il solo pessimo risultato per questi ragazzi di non trovare più un punto di riposo e organizzazione per la prossima tappa del viaggio. Una signora anziana di Grimaldi quando esce di casa si porta sempre dietro un pacco di biscotti che poi consegna al primo migrante incontrato. Commenta la cosa con assoluta serenità: «a me non mi fanno chiudere».