
Una tentazione forte è quella di diventare esperti fai da te delle questioni di cui siamo soliti discutere. Come siamo abituati a nominarci allenatori infallibili della Nazionale di calcio o della nostra squadra del cuore così, durante questo tempo pandemico non sono mancate le lauree in virologia, che promettono anche ora vere conferenze in questi giorni sotto l’ombrellone nelle nostre spiagge con dibattiti a più voci che in alcuni casi, per la veemenza delle posizioni sostenute, minacciano di compromettere il già precario distanziamento di sicurezza. E tra i partecipanti a questi confronti da bagnasciuga emergono in modo particolare tre figure di esperti organizzatori della ripartenza del Paese.
La prima tipologia è quella dei fans della rivalsa: si tratta di persone a cui si sono scaricate le batterie della pazienza a causa dell’ansia provata durante i mesi di lockdown. Sono le persone che ora non vedono più i medici come gli angeli che ci hanno salvato ma come degli esagerati fissati che non vogliono ridarci la libertà che ci avevano negata. Sono gli stessi che vedono la politica come il luogo degli aproffittatori e non come quello necessario delle decisioni coraggiose che dovrebbero ispirare il ritorno alla normalità. Sono infine quelli che devono trovare un podio riconosciuto per il sacrificio che hanno fatto e che raccontano con l’approvazione di pubblico composto di partecipanti che non aspettano altro di iniziare subito dopo l’elenco dei propri patimenti.
La seconda categoria è quella dei sognanti rivoluzionari. Sono quelli che se la nave affonda si complimentano con essa per la trasformazione in un sottomarino. Sono quelli che l’Italia è un grande paese a tutti i costi e che sanno che ora ce la faremo, perchè arriveranno i miliardi dall’Europa e da ora in poi le padelle negli ospedali, di certo ricostruiti e potenziati, avranno il profumo dell’albicocca. Costoro ci credono in quello che dicono, sono orgogliosi di essere italiani (alla stregua delle parole commuoventi sul Belpaese dello spot tv di una famosa fabbrica italiana di automobili che però ne ha girato le scene nella vicina Montecarlo). In spiaggia costoro inevitabilmente si scontrano con i membri della prima categoria su descritta e discutono per ore tra recriminazioni sconsolate da una parte e progetti traboccanti di fulgida ripresa dall’altra.
E poi c’è la terza categoria: quella deglli arrabbiati veramente. Che non prendono parte al dibattito e stanno in silenzio fissando il mare. Si tratta di persone che sono venute in vacanza per distrarsi dai problemi che per mesi li hanno soffocati e che si rendono conto, non solo per le chiacchiere dei vicini di ombrellone, che anche quella — breve — pausa, non può distrarli dalla pena che li opprime e li segue fastidiosa e mordente. Silenti. Arrabbiati. Delusi nel profondo.
Un umile consiglio a chi ci guida: le prime due categorie lasciatele cantare tra di loro. La terza, invece, incontratela e ascoltatela: deve farvi paura più del virus.